Treviso – La cucina come un campo di battaglia per una donna in cerca di redenzione. E una regista trevigiana che dopo essersi misurata con la figura di Oriana Fallaci nella serie tv “Miss Fallaci”, abbraccia ora il palcoscenico per raccontare un’altra donna di “carattere” alle prese con i propri demoni.
Alessandra Gonnella si sente “nervosa”, proprio come la sua casa di produzione, la Nervosa Pictures, che ha ideato a Londra, città in cui ormai si è trasferita da Montebelluna. “Risponde all’identità nervosa che per me è energia pura, quella che mette in moto la creatività”, dice. Di qui la scelta di non dover scegliere “un solo linguaggio”, ma di abbracciare anche il teatro o, perché no? la stand-up comedy, con cui si diverte ad esibirsi a Londra. “Per me la stand-up è una palestra, “un modo per testare materiali comici, per spingere all’estremo le storie del mio quotidiano che, diciamocelo, sono già di per sé assurde e buffe “, osserva la regista e autrice del corto “A Cup of Coffee with Marylin” e della serie tv “Miss Fallaci” per Raiuno con Miriam Leone. “- “Credo che chi racconta storie oggi debba contaminarsi, perché il pubblico non è più “di teatro” o “di cinema”: vuole riconoscersi, ovunque lo incontri. E con la rivoluzione dell’AI, credo assisteremo — anzi, stiamo già assistendo — a un ritorno potente alle esperienze dal vivo, quelle che nessun algoritmo potrà mai sostituire”.

UNA CONFESSIONE IN TRAPPOLA
Di qui la decisione di creare qualcosa di diverso e di affidarsi alle parole della pluripremiata poetessa e drammaturga anglo-egiziana Sabrina Mahfouz per dare corpo al monologo “Chef”, una “confessione in trappola” dove pentole e fornelli diventano così il teatro della mente: un luogo di precisione e controllo, ma anche di caos, di istinto e di ferite in cui poter liberare il pensiero. Una storia di sopravvivenza dominata da una celebre chef ormai caduta in disgrazia, alle prese con la propria rabbia e con la fame di riconoscimento in un sistema che la consuma, in scena sabato 22 novembre, al Teatro del Pane di Villorba (TV) diretto da Mirko Artuso (con la speciale formula della cena abbinata allo spettacolo firmata da Marco Boscarato di “Casa della Buona Stella” di Montebelluna).

UNA MENTE IN EBOLLIZIONE
Lo spettacolo segue per 50 minuti “una mente in ebollizione” che tenta di rinascere attraverso il cibo. Al centro l’attrice Miriam Gagino, chef di alto livello costretta a cucinare in un carcere femminile dopo essere stata condannata per l’omicidio del padre. Dietro le sbarre, la cucina diventa il suo rifugio, la sua arte e il suo mezzo di sopravvivenza: e tra ricette trasformate in armi e confessioni, il testo esplora il confine tra colpa e redenzione, ponendo domande scomode su giustizia, potere e sopravvivenza.
Mi ha colpito la ferocia con cui Sabrina scava nell’identità femminile senza mai renderla compiacente – dice Alessandra Gonnella, per la prima volta al lavoro in una pièce teatrale che ha debuttato poco tempo fa a Londra, a Camden Town C’è un’urgenza nel suo modo di scrivere che riconosco: la necessità di raccontare donne che non cercano di piacere, ma di esistere fino in fondo, anche quando questo significa sporcarsi, contraddirsi o perdere tutto. Un’attitudine non distante, in fondo, dalla mia immagine di Oriana Fallaci. Dopo Marilyn e Fallaci, sentivo il bisogno di esplorare un’altra forma di espressione, una voce femminile più contemporanea. Una scrittura più carnale, urbana, viscerale. “CHEF” è proprio questo: una confessione in trappola, dove la cucina diventa il teatro della mente”.

Tradotto da Monica Capuani e portato in scena da Miriam Gagino (sia in italiano che in inglese), “Chef” trasforma il palco in una presenza viva, un campo di battaglia al centro del quale si stagliano una sedia e un tavolo da cucina con attrezzi e cibo vero. “Quel tavolo è tutto per la protagonista: è il suo rifugio, la sua ancora – aggiunge la regista – È il tavolo del ristorante dove ha scoperto la sua vocazione, è quello del suo locale anni dopo, quando il padre tornerà a chiederle perdono, è il tavolo della mensa del carcere, è una barca in mare aperto. E il regno del pensiero: il luogo in cui combatte, si interroga, si disfa e ricostruisce la comprensione di sé e del mondo. E la sedia solitaria di lato è un simbolo spoglio di giustizia: nuda, inflessibile, ma necessaria. Il palco l’ho immaginato come una mente in ebollizione. Tutto in scena è reale e metaforico allo stesso tempo. Volevo che il pubblico sentisse la tensione fisica del lavoro in cucina —il rumore dei coltelli, il ritmo del respiro —ma anche la solitudine del pensiero, quel momento in cui il gesto si fa ossessione, e la cucina diventa il solo spazio possibile per esistere”.

UNA REGISTA TRA CINEMA, TEATRO E STAND UP COMEDY
Alessandra Gonnella
, dopo il fortunato corto “A Cup of Coffee with Marilyn” con Miriam Leone nei panni di una giovane Oriana Fallaci, Nastro d’Argento nel 2020, e la serie “Miss Fallaci” in onda su RaiUno (di cui ha firmato l’idea del progetto, la regia e la co-scrittura del sesto episodio), ama spaziare tra cinema e teatro. E il teatro le offre “la fisicità del rischio e la libertà dell’astrazione: l’urgenza di arrivare al nocciolo di un simbolo o di un’idea. Il cinema, invece, è un mondo costruito da zero, dove molte discipline si intrecciano per replicare la realtà. E’ difficile, costoso, ma magico”.
La regista e la sua protagonista Miriam Gagino, protagonista del film “Ammazzare stanca” di Daniele Vicari presentato alla recente Mostra del Cinema di Venezia e ora in sala, si sono incontrate a Roma durante la premiere di “Miss Fallaci”. “È scattata subito una chimica naturale tra noi, probabilmente per via delle nostre doppie identità linguistiche e culturali, e della comune voglia di creare qualcosa di internazionale, capace di attingere da questo nostro bagaglio misto di esperienze. Dopo qualche chiacchiera siamo finite a parlare di fare uno spettacolo teatrale insieme. All’inizio abbiamo fantasticato su testi molto noti, ma poi abbiamo scelto una strada più rischiosa e affascinante, grazie all’aiuto della traduttrice Monica Capuani: portare in Italia un testo meno conosciuto ma di grande potenza, scritto da una drammaturga affermata nel Regno Unito, ancora poco rappresentata nel nostro Paese. “Chef era perfetto per noi: una storia intensa, femminile e universale, già rappresentata solo un paio di volte in Italia”.

“LA MIA TERRA”, IL TEATRO DEL PANE E I PIATTI DI CUI PARLA IL MONOLOGO
Per la regista trevigiana “esibirsi con questo testo, che parla di cibo, in un teatro con cucina nella provincia di Treviso, nella mia terra, subito dopo il debutto a Londra, la mia terra d’adozione, è un’esperienza davvero speciale, e ne sono profondamente grata. Grazie a Mirko Artuso e a Bruno Bonisiol che ci ha fatti conoscere. È incredibile pensare che il pubblico potrà gustare i piatti di cui si parla nel monologo, trasformando lo spettacolo in un’esperienza sensoriale completa. Questa è la mia prima esperienza di regia e produzione teatrale, e mi sono resa conto che mettere in piedi un progetto a teatro può essere difficile quasi quanto nel cinema. Grazie ai contatti miei e di Miriam Gagino siamo riuscite a ottenere queste prime date italiane, ma il percorso non è stato semplice: le porte chiuse sono state molte, nonostante il testo sia forte, originale e sorprendentemente “semplice” da produrre. Ho anche chiesto l’aiuto di una post-produzione milanese, Proxima Milano, per dei contributi visivi. Ci sono voluti diversi mesi, ma adesso possiamo dire di avere 4 date in 4 città diverse prima della fine del 2025. Siamo già pronte per un 2026 più ricco di date”.

C. Ca.

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