Rovigo – «Un testo di Beckett deve essere letto come andrebbe letta una partitura orchestrale». Data questa premessa, John McCormick precisa che «è quasi impossibile imporre un’interpretazione a Beckett». E dunque quello che un regista è chiamato a fare è mettersi in ascolto delle parole del grande drammaturgo, cogliendone le sfumature e facendo interagire gli strumentisti perché l’assurdo prenda corpo.
Non si può dire che la strana coppia Jurij Ferrini-Natalino Balasso abbia evitato questo nodo complesso. Confrontandosi con il capolavoro “Aspettando Godot” – visto al Teatro Sociale di Rovigo – Ferrini (che è anche regista) non intende esercitare alcuna violenza al testo. Nessuna «interpretazione» personale, per dirla con McCormick, anzi la scelta di fedeltà compiuta in questa messinscena è dichiarata a priori. Il preconcetto da cui Ferrini e Balasso intendono allontanarsi è l’approccio esistenzialista che spesso è stato utilizzato per avvicinare il capolavoro di Beckett, scegliendo invece di restituire un respiro “comico” all’opera.
Questo gioiello dell’assurdo fatto parola, non per paradosso ma per provocazione, trova una particolare “esecuzione” nella peculiarità del tono. I due protagonisti sono clochard/clown disadattati, si spaventano per un nonulla, si deprimono con giri di parole che non sono ieratici e gelidi, ma sono quasi sempre ingenui e surreali. Il Vladimir impersonato da Ferrini si muove e si gratta il capo impacciato come Stan Laurel, mentre Balasso dà corpo a un Estragone svagato e sornione. E non scappa da ridere perché uno dei due finisca per esagerare, piuttosto perché le parole di Beckett appaiono strambe per loro natura.
Accanto ai due principals, Angelo Tronca e Michele Schiano di Cola sono decisamente credibili nei panni di Pozzo e Lucky: mitomane il primo, autistico il secondo. Mescolati assieme, i quattro mostrano di trovarsi a occhi chiusi, sfoggiano brio e modulano i toni in una partitura complessa, con scambi di battute da lo Scherzo e l’Allegro. Alla fine dal sorriso germina la tragedia, ma è un paradosso tragico che non può prendersi sul serio.
Un pensiero riguardo “Il sorriso tragico e sornione di Beckett”