Il corpo è inchiodato in un abito che lascia scoperte le braccia e le spalle, la testa incoronata da una pettinatura rigida e algida. La protagonista di Arvore – coreografato e interpretato di Monika Částková – richiama The Calling di Alvin Ailey, senza averne la complessa articolazione e l’esito intricato. Ad un tempo però la donna inchiodata al proprio abito cerca interazioni e interlocutori come la Winnie di Beckett in Happy days, sforzandosi di cogliere ombre e silenzi.
La performance è calibrata e la danzatrice, appoggiando la tensione muscolare su sonorità ripetitive, espone braccia e dita alla luce senza che il gesto si trasfiguri in un impatto. La bellezza della visione si ferma allora alla fragilità del movimento affidato al chiaroscuro luminoso, senza riuscire davvero a mettere in gioco tecnica e carne.
Incuriosisce per l’ottima scelta di montaggio il lavoro di video-danza Split structure curato dalla regista Kristýna Bartošová
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