foto Nekrosius Libro di GiobbeVicenza – Nonostante il lavoro costruito con la sua compagnia Meno Fortas, nonostante l’intensa riflessione dedicata alla figura biblica di Giobbe e alla ‘pazienza del vivere lamentoso’, Eimuntas Nekrosius sembra disperdere in scena la forza delle parole e dei gesti. Il libro di Giobbe – presentato in prima assoluta al Teatro Olimpico di Vicenza in apertura del 66. Ciclo dei Classici – è uno spettacolo che si scopre didascalico e del tutto inadeguato a toccare i nodi profondi che la narrazione biblica porta in evidenza.
Salvo far recitare interi passi del Libro (anche a ripetizione) in terza persona agli attori, che pure cercano nell’intensità una chiave per dare un senso al lavoro, il regista lituano non compie alcuna scelta significativa di regia. Anche l’utilizzo degli oggetti, da sempre un punto di forza del suo fare teatrale, è ridotto al minimo, mentre la suggestione di scenografie mobili (molto semplici) che integrano corpi e materiali è viziata dalla strana scelta di comporre sul palco dell’Olimpico un piccolo parco solare.
L’esito di questa nuova esperienza di Nekrosius (di nuovo contenuta nei tempi ordinari di uno spettacolo) lascia dunque interdetti. Il ‘vivere come lamento’ non viene problematizzato, non si affronta la questione del Male – non si potrà certo vederla chiusa dal Libro? – e tutto viene concentrato su una storia paradossale che fa di Giobbe non una pietra di scandalo, ma un giocatore inane che ha perso la forza di confrontarsi (gridando) con il suo Dio.
Non basta allora la prova d’attore, in particolare di Remigijus Vilkaitis-Giobbe, per sostenere un lavoro che non sembra assolutamente all’altezza del genio di un regista/autore che ha scritto pagine memorabili del teatro europeo.

Giambattista Marchetto

visto al Teatro Olimpico di Vicenza, nel 66. Ciclo dei Classici

Un pensiero riguardo “Il lamento debole di un Giobbe senza spessore

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