Vicenza – Nei movimenti la grazia si fa densa, l’interpretazione si coagula in piccoli semantemi corporei che rimandano al fondo del gesto tragico eppure astratto. I danzatori del Malandain Ballet Biarritz meritano gli applausi intensi per l’interpretazione di “Romeo et Juliette” coreografata da Thierry Malandain – in cartellone al Comunale di Vicenza – che regala al pubblico un altro pezzo di maestria.
Inseguendo con una precisione dolce e meticolosa (ma mai pedante) le note ispirate di Hector Berlioz, Malandain guarda alla messinscena di Bejart di oltre quarant’anni fa come a un confronto, ma ritaglia un movimento su misura per la propria compagnia, confermando una sensibilità intensa verso il movimento collettivo e corale. In questo dramma danzato, infatti, il coreografo sceglie di non portare in luce un Romeo e una Juliette, ma ne moltiplica le figure estendendo e amplificando le dinamiche della coppia. Tutti i danzatori diventano Romeo e tutte le danzatrici incantano con la grazia di Juliette.
Con accurata precisione, però, Malandain non si limita ad usare la coralità per produrre un effetto enfatico, che rischierebbe forse di esser solo corporeo, ma scompone i tempi del movimento che dunque si sfaccetta asincronicamente, generando un effetto in crescendo. E in alcune scene cruciali – sul balcone, nell’incontro amoroso prima dell’epilogo tragico, nelle schermaglie tra Capuleti e Montecchi – sceglie di dare un’articolazione complessa ai gesti dei protagonisti, facendo proseguire una nell’altra le performance intrecciate di danzatori diversi.
Il coreografo guida i corpi a vibrare, a sciogliersi, a palpitare di quello scontro romantico e terribile tra amore e violenza che permea “Romeo et Juliette”. E sono le piccole invenzioni, i passaggi creativi con cui sceglie di rappresentare i fatti, che a momenti lasciano stupiti per l’utilizzo cruciale e semplice di mani, piedi, teste, corpi. Perché nel disegno delicato di Malandain non appare alcuna forzatura, sembra anzi che ossa, pelle e muscoli non possano vivere se non dicendo quei sussurri e quegli spasmi lancinanti.
La scenografia consiste “solo” in una teoria di scatole metalliche, che diventano tombe e balconi, armadi, scalinate, lapidi fredde e rifugi per passioni adolescenziali. Le casse vengono mosse, accatastate, aperte e richiuse, piegate, quasi chiamate a partecipare al complesso dell’evoluzione coreografica.
Accade così che quel gioco crudele di passione e morte, di cui tutti conosciamo i momenti aulici e l’epilogo tragico, assuma i connotati di un rito collettivo coinvolgente e onnipervasivo. Un rito nel quale – negli intenti di Malandain – tutti diventiamo Romeo e Juliette in questo gioco di riflessi senza primi ballerini.

Giambattista Marchetto

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Un pensiero riguardo “La tragedia “spezzata” e amplificata di Romeo et Juliette

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