Padova – Due serate memorabili hanno visto l’avvicendarsi quasi storico – per chi ha avuto il privilegio di assistervi – della splendida creatura olandese Nederlandse Dans Theatre. In diretta mondiale, alcuni cinema (anche italiani – www.nexodigital.it) hanno proiettato l’ultimo spettacolo del NDT I. E in contemporanea al Teatro Ristori di Verona i giovani del NDT II hanno interpretato tre coreografie di Kylián e van Manen.
La serata ripresa in diretta dall’Olanda ha visto impegnati gli straordinari danzatori del NDT I in tre pezzi di spiazzante intensità, seguiti a un’ironica introduzione danzata all’unisono su tapis roulant.
Secus di Ohad Naharin -già danzato dalla sua Batsheva Dance Company – con i suoi movimenti scomposti, carichi di energia, ha dato enfasi al virtuosismo tecnico e alla potenza espressiva dei performer. In assenza di riferimenti naturalistici, ogni ballerino (in pantaloni e maglietta colorata) scarica la propria espressitivitá in scena in un crescendo di concentrazione sulle azioni dei singoli. Il “gioco” viene orchestrato con meticolosa disarmonia, ma raggiunge l’impatto di maggiore potenza nei passi a due concatenati e, nel finale, con la sovrapposizione di movimenti seriali scomposti in tre file militarmente ordinate.
Più teatrali – nell’articolazione del percorso di esecuzione e nella stimolante interazione con immagini video – le due coreografie della coppia residente Sol León e Paul Lightfoot, Silent Screen del 2005 e la nuova creazione Shine a Light. Su musiche di Philip Glass, la prima è un viaggio che nasce da un video che all’improvviso si arresta su una finestra e permette all’osservatore di entrare nell’intimo di un’anima contrastata. Inizialmente è quasi un film muto, fatto di movimenti accelleratissimi, urlati, che si dilatano fino a pause improvvise, quasi fermo immagine. Poi il video-scenografia si dilegua nell’occhio di una bambina di sei anni (la figlia dei coreografi) e si entra nell’anima spoglia, perturbata, dove il movimento finisce in urla silenziose, dove si é attraversati da movimenti stralunati in forma di duetto o monologo, lacerazioni, silenzi e provocazioni corali. Meravigliosa l’interpretazione dei ballerini, il loro movimento totale, impeccabile nelle azioni d’insieme. Semplice e potentissima la scena del vestito nero e impalpabile che ricopre progressivamente l’intero palcoscenico e si dilegua con il vento.
La nuova creazione Shine a Light risulta invece inquietante, maestosa e delicata. Come il titolo suggerisce, ci vuole oscuritá per far risaltare la luce e dentro un nero totalizzante si sprigiona l’azione di un incubo infantile. Con precisione impressionante nel gesto e una carica simbolica che attraversa la scena, le paure oniriche prendono corpo: un assolo fanciullesco si infrange contro un branco di lupi latranti, minacciosi e oscuri quanto fantasmatici, lasciando spazio al passo a due catartico che richiama un fascio sequenziale di luci potente e assolutorio. È dall’oscurità che risorge la luce, che riemerge la coscienza leggera e infantile. E in questa teatrale composizione di passaggi l’iconografia dei movimenti è essenziale, morbida ma astratta, quasi lieve nella sua pulitissima e aerea esecuzione.
LC/GbM
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