Padova – Un Riccardo III espressionista e sanguinolento, quasi un serial killer (per interposto sicario) lucidamente inebetito nella propria coazione all’omicidio. È un Riccardo deforme e quasi condannato, nella propria aberrante disarmonia, all’odio del mondo e per il mondo quello dipinto in scena da Alessandro Gassman con il nuovo R III. Seguendo il dettato drammaturgico di Vitaliano Trevisan, autore di una lucida ed efficace rilettura dell’opera shakespeariana, il regista ricama attorno all’anima nera del re-tiranno un lavoro intenso e controverso, duro e asciutto. E proprio nella chiave espressionista il testo trova una potenza rinnovata, spingendo su una radicalizzazione dei ruoli: l’inerme e banale re Edoardo IV, la regina Margherita inacidita, la debole vedova di Edoardo che cede alla corte di Riccardo, il gelido sicario Tyrrel, lo scoppiettante Lord Hastings. Su tutti Riccardo si innalza statuario, per imponenza fisica (Gassman, già alto, porta scarponi rialzati) e potenza della personalità, condannato a tradire per destino prima che per ambizione. Robotico e postmoderno nei costumi, si distacca dagli altri personaggi e li sovrasta. La sua sembra una forza incontrastabile proprio perché destinale, mentre chi lo circonda prova a blandirlo assecondandolo, a sedurlo, a circuirlo e usarlo, ma rimane ineluttabilmente schiacciato da un anti-eroe che si confronta con una crudeltà lucidamente animale.
Nella riduzione di Trevisan emerge programmaticamente la figura di “cattivo assoluto, senza attenuanti” accostata a fascino e humour che rendono il rapporto con l’altro-da-sé improntati a una lucida e maledetta crudezza.
La prima regia shakespeariana di Alessandro Gassman risulta dunque potente e originale. La collaborazione con Trevisan, capace di infondere asprezza di parola al dramma originale senza disperderne il carico simbolico e la geniale capacità di lettura delle dinamiche storiche, sembra davvero un’occasione preziosa per aprire un varco temporale interessante. Passato al setaccio di un dramaturg poco incline al timore reverenziale, il Riccardo III di Shakespeare si avvicina a forme di ironia di brechtiana memoria, superando molti arcaismi senza rinunciare alla forza poetica del bardo e aggiungendo una densità ironica tutta contemporanea. Questo testo di fatto nuovo prende vita e si incendia diventando spettacolo, giocato su due livelli visivi con una efficace ideazione scenica di Gassman – che interseca le scene di Amodio, le luci di Palmieri e la videografica di Schiavoni – e ben interpretato dagli attori (soprattutto dalla componente maschile). Prendono forma dunque la follia omicida e la diversità del protagonista, in un viaggio che attraverso rimandi all’inconscio collettivo fa intravedere in trasparenza aberrazioni di una Storia umana, troppo umana che si è ripresentata nei secoli.
Giambattista Marchetto
visto al Teatro Verdi di Padova
L’ha ribloggato su Immagini Inscena.