(Praga CZ)  –  Dare ascolto a chi danza il contemporaneo può significare anche raccogliere contraddizioni e qualità, momenti forti e insignificanze. Così nel programma Dance transit – articolato tra Praga, Lipsia e Dresda – trovano spazio lavori di densità molto diversa.

Pongo Land è una sconclusionata e decisamente poco interessante raffigurazione di una diversità fisica che viene ostentata, metabolizzata, irrisa e giocata sulla scena dai due performer e coreografi Nuno Lucas e Hermann Heisig. I due corpi sono proposti come inizio e fine di un gioco autoreferenziale, assai poco propenso al rigore e al riconoscimento di una interlocuzione con un pubblico. Il lavoro lascia perplessità e sorrisi allo stesso tempo, perché nella ricerca di similitudini e differenze tra i corpi non mancano scompostezze buffe. Eppure è proprio questo il nodo critico: a fronte di una suggestione intellettuale così fragile e impalpabile sull’identità e la fisicità, la scena richiede rigore tecnico e stilistico per non cadere nella banalità.

420people-phrasing-the-pain-ph-pavel-hejnyTutt’altra intensità e qualità emerge in Phrasing the Pain, elaborato da Ann Van den Broek per la compagnia ceca 420people. La coreografa olandese ha costruito un lavoro per sette danzatori a partire da un movimento originalmente disegnato per un duo (I Solo Ment, 2008) dedicato al tema del dolore per la perdita di una persona amata.
La pulizia rigorosa della tecnica e l’intensità dell’interpretazione danno al riallestimento in collettivo una potenza fisica capace di colpire lo spettatore nell’intimo. I danzatori, chiamati a tessere un sudario emozionale fatto di carezze senza contatto e sguardi ieratici, respirano come in una liturgia di dolcezza e durezza. L’opera della Van den Broek costruisce una visione archetipica del dolore, in una composizione quasi pittorica di pugni e carezze.

Vessels. Few games of almostness – per citare un passaggio dello spettacolo – è forse la cifra del lavoro presentato da Davide Sportelli al Teatro Ponec. Il coreografo e performer italiano, in scena con Tereza Hradilková, accosta con una discreta pulizia stilemi consueti della danza contemporanea, esercizi di contact contagiati da aspirazioni gestuali e verbali che dovrebbero restituire una “trasparenza” dei concetti, evidentemente così rarefatta da risultare impercettibile nel suo andirivieni di presenza e assenze. Quello che arriva dai movimenti ispirati e dal vociare (volutamente) sconclusionato è purtroppo una noia leziosa.

Helena Fernandino-Um(-)räumen-Wagner MoreiraSembra concentrarsi sul movimento come sfida al senso dell’interazione corpo-cose, con un esito non privo di interesse, la coreografia Um(-)räumen del brasiliano Wagner Moreira (oggi attivo a Dresda) interpretata con buona precisione da Helena Fernandino. La partitura modella lo spazio con tagli di luce e due tavolini Ikea, che si trasformano in podio e attrezzo ginnico, in scudo e sarcofago, ricercando un proprio senso nella relazione con il corpo della danzatrice.

@gbmarchetto

Pongo Land e Phrasing the Pain visti al Divadlo Archa di Praga,
Vessels e Um(-)räumen visti al Divadlo Ponec di Praga

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