Vicenza – Dopo essersi imbarcato con i suoi compagni per la guerra di Troia, Filottete soffre terribilmente a causa di una ferita infetta e maleodorante alla gamba. I suoi lamenti e il fetore sono insopportabili per Ulisse e il resto della ciurma, che decidono così di abbandonarlo sull’isola di Lemno. Dopo dieci anni, Ulisse torna a cercarlo perché un oracolo ha rivelato che senza l’arco di Eracle – custodito da Filottete – la guerra contro Troia non potrà essere vinta, ma dall’abbandono non si torna indietro.
Muovendo dall’impianto della tragedia di Sofocle, il Teatro dei Borgia sviluppa la ricerca per il suo “Filottete dimenticato” incentrata sull’abbandono. L’intenso lavoro – dal 4 al 9 ottobre a Vicenza 75. Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico, diretto da Giancarlo Marinelli – è costruito sul tabù della malattia, grande rimosso del mondo occidentale; e Filottete è il rimosso per eccellenza, l’espulso, il corpo dello scandalo.
Il tema affrontato, come nel mito, è quello dell’abbandono, qui a causa di una malattia irreversibile come la demenza, e racconta lo strazio, la sopravvenuta inutilità sociale e la messa al bando dal mondo dei “normali”. Il teatro della tragedia non è la vicenda, la trama, ma l’esistenza stessa del personaggio: abbandonato, confinato nel recinto della sua malattia, Filottete non risponde più alle regole comprensibili della vita civile. E qui nasce la tragedia, piccola, domestica, familiare, in cui gli spettatori, come di consueto nelle drammaturgie della compagnia pugliese, partecipano alla vita del personaggio, coinvolti in un percorso esperienziale di rivivificazione del mito per condividere, in presa diretta, tutta la potenza del dramma.
Daniele Nuccetelli dà voce con intensità e densità alle parole di Fabrizio Sinisi – che si è avvalso della consulenza clinica di Laura Bonanni – per restituire dignità alle parole disperate di un uomo che soffre, che dimentica, che prede contatto con la reltà… ma che contestualmente ne è consapevole.
Il disagio diventa ordinarietà, diventa comunicazione empatica, diventa tristezza e rassegnazione. Eppure sullo sfondo di questa piccola storia triste si staglia la speranza nel tentativo di restare umani. Che è poi il senso del lavoro del Teatro dei Borgia: “non portare il tragico del reale nel teatro, ma la luce del teatro tragico nel reale”.
Vicenza 75. Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico