Spinea VE – Istituiti nel Cinquecento, dopo il Concilio di Trento, come strumento di rigore della Controriforma, i seminari sono stati luogo di formazione o dissoluzione della personalità di giovani destinati ad essere pastori di greggi cristiane o scappati lungo altre strade. Luoghi del silenzio e della sublimazione, ma anche della castrazione dell’identità e di ogni relazione con l’altro (in primis con l’altro femminile). Luoghi di cultura del rigore e di grandi contraddizioni.
A questi luoghi, che hanno segnato la storia più e meno recente dell’Italia, Giuliana Musso ha dedicato La fabbrica dei preti, con cui ha debuttato in prima nazionale nel cartellone Paesaggio con Uomini. Ispirato a La fabriche de predis di don Antonio Bellina e dedicato ai giovani che hanno preso i voti a ridosso del Concilio Vaticano II, una vera rivoluzione (moderata) in seno alla Chiesa, lo spettacolo ha un impianto solido, è scritto con lucidità profondamente umana, è equilibrato e solo a tratti cavalca la polemica contro rigidità e contraddizioni curiali, ma con una costante propensione costruttiva. È soprattutto un lavoro che unisce memoria e vivacità umana, dogmi e commozione, immagini e suoni capaci di condensare un “piccolo mondo antico” che sembra più lontano di quanto non sia davvero.
La differenza, naturalmente e per fortuna, la fa Giuliana Musso. Intensa, versatile, intima nei toni e terribilmente verosimile nel dare corpo e voce al dolore, alle paure, alle fragilità di un popolo di preti “fabbricati” in vitro senza tener conto che la vita reale li avrebbe spiazzati. Con un efficace contrappasso, l’attrice oppone la lettura di brani dal regolamento dei seminari, paradossali nell’essere fuori dalla realtà, alle storie vere (o verosimili) di un prete spretato e sposato, di un missionario iperbolico e polemico con il puritanesimo e le gerarchie, di un giovane emiliano strano e remissivo provato nella psiche dalla vita in fabbrica e divenuto prete-operaio. Curando ogni particolare – tono e inflessione della voce, gesti delle mani e postura delle spalle, camminata e sguardo – la Musso diventa carne e pensiero, lacrime, dubbi e ideali di quegli uomini toccati da una grazia pesante, gravati di una missione impervia.
Lo spettacolo non evita nodi scabrosi, come la pedofilia e l’omosessualità in ambito ecclesiale, ma li tocca con garbo e sensibilità, quasi con dolcezza. Mentre si rivela un alleggerimento ogni riferimento agli “atimpuri” di meneghelliana memoria o alla autentica ginofobia dell’ambiente seminariale, che è gerarchico e maschile come la caserma, ma dove la donna è “demonio” ed è così forzatamente cancellata da diventare “un animale mitologico”.
In questo percorso denso e forte, non privo di ironia ma sempre delicato, Giuliana Musso costringe a qualche groppo alla gola (come ai tempi di Nati in casa) e a tratti arriva ad un grado di intensità tale da mutare lineamenti, scivolando con grande bravura nella maschera drammatica dei suoi personaggi.

la tournée è sul sito di Giuliana Musso

Gb.M.

visto al CineTeatro Bersaglieri, Spinea VE

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2 pensieri riguardo “Ritratti di preti umani, troppo umani

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